Essere un ricercatore oggi
Riflessioni per i ricercatori di oggi e di domani
Sono un ricercatore.
Ho studiato per qualche anno sociologia e scienze cognitive, e ho preso poi un dottorato in scienze cognitive. Essere ricercatore oggi significa essere immersi in un terreno argilloso.
I terreni argillosi sono molto fertili: la loro struttura è composta da particelle molto fini e, a causa di ciò, hanno una grande capacità di trattenere l'acqua e i nutrienti essenziali molto a lungo. Sono però terreni molto compatti e poco arieggiati, caratteristiche che lo rendono molto difficile da lavorare. Presentano spesso problemi di drenaggio, ovvero l'acqua tende a ristagnare, e il rischio è quello di soffocare e far marcire le radici delle piante che vi sono immerse.
La ricerca, soprattutto quella accademica (quella cioè fatta nelle università), è fatta di staticità dei ruoli e un galateo nel quale è difficile, spesso, trovarsi a proprio agio. Certo, generalizzare è difficile: da una parte i dipartimenti sono microcosmi differenti tra loro, dall'altra ogni ricercatore ha caratteristiche caratteriali peculiari.
C'è una cosa però che caratterizza universalmente la ricerca scientifica:
l'ignoto.
Fare ricerca scientifica vuol dire andare a punzecchiare i confini della conoscenza umana fino ad oggi accumulata. Nell'insieme che caratterizza la conoscenza, i ricercatori sono i guarda-confine, e il loro intento è conquistare una piccola porzione di ignoto al di là della linea, cercando di portarla dentro. Pare un mestiere eroico, e probabilmente lo è. Eppure c'è uno scotto da pagare, che non ho mai sentito dire da nessuno o visto scritto da qualche parte:
Fare ricerca significa avere il costante dubbio di star dicendo una marea di cazzate, di non aver capito il punto, di star allucinando.
Ma certo, poi facciamo gli esperimenti, e vediamo se avevamo ragione. Ecco sì, ma dopo aver passato anni a formulare un'ipotesi, cercare di succhiarsi via da sé stessi per formulare un esperimento che non si porti appresso i tuoi bias di conferma, cercare in tutti i modi di sconfessare ciò in cui hai creduto per gli ultimi anni della tua vita e, nella peggiore delle ipotesi, riuscirci... "Scusi! Ma non farà mica male quella roba?!".
Psicologicamente, non è uno spasso. Ma certo che c'è un risvolto positivo, ci mancherebbe, che domande. L'incertezza toglie, l'incertezza dà. Cosa dà?
La curiosità.
Il desiderio spontaneo di conoscere, le ebbrezza di trovarti in un'isola deserta non ancora presente nelle mappe, la voglia di saperne di più, di più, di più. Lo capisce anche l'intelligenza artificiale:
La curiosità è la tendenza psicologica ed emotiva a cercare attivamente nuove informazioni, esperienze o stimoli, spesso accompagnata da meraviglia, interesse e piacere nella scoperta.
Caratteristiche della curiosità
Universale: Presente in tutti gli esseri umani, fin dall’infanzia.
Motivazionale: Spinge all’azione, alla ricerca e alla sperimentazione.
Creativa: Favorisce la nascita di idee nuove e soluzioni originali.
Emozionale: È spesso accompagnata da entusiasmo, sorpresa e soddisfazione.
(In scrittura. Sì, so che è già online, ma mi piace l'idea che possa essere pubblico prima di essere finito; è il contrario di quello che succede nella ricerca).